E’ una patologia determinata dalla presenza di uno o più fasci atrio-ventricolari accessori che comportano una anomala conduzione dell’impulso elettrico cardiaco tra atrio e ventricolo e, che possono dare origine ad episodi di tachicardia parossistica. La malattia ha una incidenza in circa il 3 x 1000; nel 70% dei casi interessa i maschi, specie in giovane età, e può presentarsi per lo più in forma sporadica, raramente familiare ed essere silente dal punto di vista sintomatico. I pazienti con sindrome di WPW possono avere più di una via accessoria specie se sono associati ad altre anomalie congenite (la più frequente è l’anomalia di Ebstein).
Fisiopatologia
Normalmente, la conduzione dell’impulso elettrico che si propaga dagli atrii ai ventricoli percorre il sistema di conduzione costituito dal nodo atrio-ventricolare e dal fascio di His. Il nodo atrio-ventricolare ha delle caratteristiche elettrofisiologiche tali da costituire un filtro in grado di proteggere i ventricoli dalla conduzione di impulsi atriali troppo rapidi e di conseguenza potenzialmente pericolosi.
In alcuni casi esistono vie di conduzione dette accessorie (VA) tra atrii e ventricoli che possono essere localizzate in vari siti degli anelli valvolari tricuspidalico e mitralico. Per le loro caratteristiche elettrofisiologiche, simili alle cellule del muscolo cardiaco comune, queste vie accessorie non svolgono la funzione di filtro tipica del nodo atrioventricolare e in certi casi possono condurre gli impulsi ai ventricoli a frequenze molto elevate.
Durante il ritmo sinusale una via accessoria si manifesta all’elettrocardiogramma con la pre-eccitazione ventricolare e la presenza di un’onda “delta”: la conduzione attraverso la via accessoria non subisce un rallentamento come all’interno del nodo atrioventricolare e l’intervallo PQ dell’elettrocardiogramma (che rappresenta appunto il percorso dell’impulso elettrico dagli atrii ai ventricoli) è più breve del normale (pre-eccitazione).
Inoltre, l’estremità ventricolare della via accessoria si inserisce nel muscolo cardiaco comune anziché essere in continuità con il sistema specializzato di conduzione: per questo motivo la depolarizzazione di una parte dei ventricoli avviene più lentamente, e si traduce in un aspetto elettrocardiografico detto onda “delta”. Se la presenza di una via accessoria si associa a episodi di palpitazione si parla di Sindrome di Wolff-Parkinson-White.
Le palpitazioni possono dipendere da “aritmie da rientro”, ossia determinate da un corto circuito in cui l’impulso generalmente raggiunge i ventricoli attraverso il nodo atrioventricolare e rientra negli atrii attraverso la via accessoria percorsa in senso inverso. L’aritmia si perpetua fino a quando una delle due vie (nodo o via accessoria) non è più in grado di condurre.
In alcuni casi meno frequenti il circuito è percorso all’inverso, ossia la via accessoria è utilizzata nel senso dagli atrii ai ventricoli, mentre l’impulso rientra agli atrii attraverso il fascio di His e il nodo atrioventricolare. In altri casi la via accessoria non partecipa direttamente al meccanismo che perpetua l’aritmia, ma può contribuire alla conduzione ai ventricoli di aritmie degli atrii (fibrillazione atriale/flutter atriale/tachicardia atriale).
Se le capacità di conduzione della VA sono molto elevate (breve tempo di refrattarietà) la frequenza ventricolare risultante può essere molto rapida (> 250 battiti al minuto) e mettere a rischio di aritmie ventricolari rapide e di arresto cardiaco.
Sintomi e diagnosi della sindrome Wolff-Parkinson-White
Clinicamente tale sindrome si può manifestare con palpitazioni anche sostenute secondarie alle sopra citate aritmie da rientro o a fibrillazione atriale, tali palpitazioni possono talvolta avere un esordio sincopale. Non è raro che sia totalmente asintomatica e che venga scoperta durante un elettrocardiogramma eseguito per altri motivi, ad esempio in una visita di medicina sportiva, ma l’essere asintomatico non esclude la possibilità di poter avere aritmie anche pericolose.
La diagnosi di sindrome di WPW è clinica, ma soprattutto si avvale dell’elettrocardiogramma, che può scovarla anche in un soggetto asintomatico: in questi casi si manifesta come un’onda delta, che corrisponde all’ampliamento della fase di ascesa del complesso QRS associato all’accorciamento dell’intervallo PR. Tutto questo è dovuto al fluire dell’impulso elettrico attraverso la via accessoria piuttosto che attraverso il nodo atrio-ventricolare.
Altra tecnica di diagnosi è lo studio elettrofisiologico: per questo esame, il medico inserisce un catetere sottile e flessibile, dotato di elettrodi all’estremità, attraverso i vasi sanguigni fino a raggiungere diverse parti del cuore dove sono in grado di mappare gli impulsi elettrici.
Trattamenti della sindrome di Wolff-Parkinson-White
Il trattamento degli episodi acuti di aritmie da rientro nella Sindrome di WPW si avvale di farmaci che agiscono bloccando la conduzione attraverso la via anomala (es. propafenone o flecainide), mentre quelli che bloccano il nodo atrioventricolare sono da evitare perché in caso di fibrillazione atriale possono aumentare la frequenza di conduzione ai ventricoli attraverso la via accessoria e far raggiungere al cuore delle frequenze elevate e pericolose.
In presenza di pre-eccitazione ventricolare, e in particolare in presenza di sintomi sospetti per aritmia, è raccomandato sottoporsi a studio elettrofisiologico per indagare le capacità conduttive della via accessoria e la eventuale inducibilità di aritmie.
Se la via accessoria ha capacità conduttive elevate con conseguente rischio di aritmie ad alte frequenze ventricolari, è indicato procedere alla ablazione della via accessoria.
Lo studio elettrofisiologico è in grado di identificare la sede della via accessoria, da cui dipenderà l’approccio utilizzato per l’ablazione: in presenza di una via situata nelle sezioni destre del cuore l’accesso è generalmente dalla vena femorale destra.
Per le vie sinistre saranno possibili un accesso venoso e successiva puntura transettale per passare dall’atrio destro all’atrio sinistro, oppure un approccio “retrogrado” attraverso le arterie femorale e aorta.
L’energia utilizzata per l’ablazione è generalmente la radiofrequenza ma in casi particolari come ad esempio una via anomala anterosettale e quindi vicino alle normali vie di conduzione, può essere utilizzata la crioablazione che riduce quasi completamente il rischio di danneggiare le vie normali e quindi la necessità di impiantare un pace maker.
Attualmente, i più moderni laboratori di elettrofisiologia hanno a diposizione sistemi di navigazione non fluoroscopica che consentono di effettuare l’intervento minimizzando o addirittura evitando l’utilizzo dei raggi X.
Dopo un’ablazione efficace saranno prevenuti episodi di aritmia da rientro attraverso la via accessoria e all’elettrocardiogramma non sarà più visibile l’onda delta.
L’efficacia a lungo termine dell’ablazione è in genere molto elevata e supera il 95%.
Dopo un’ablazione efficace e in assenza di altri tipi di aritmia o di cardiopatia, non è necessaria alcuna terapia farmacologica.
Fonte: Dossiersalute.com